Maggio 3, 2024

Iraq riemerge una città di 3.400 anni fa per la siccità del fiume Tigri

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Il cambiamento climatico, che sia presunto o reale poco mi importa in questo contesto, porta alla luce un’antica città mesopotamica, nell’attuale Iraq. Si tratta probabilmente della città scomparsa di Zakhiku, situata nella regione del Kurdistan iracheno. Ecco tutta la storia del suo ritrovamento e quello che fino ad ora sappiamo a riguardo.

Zakhiku è un’antica città di 3.400 anni, che è ritornata alla luce nella Provincia di Kemune, nel Kurdistan zona attualmente irachena. Un tempo questa florida cittadina si affacciava sulle sponde del Tigri ed era una cittadina portualeche venne sommersa con la costruzione della diga di Mosul, tra il 1981 e il 1984. Della città non erano mai stati fatti studi particolarmente approfonditi e pertanto non si erano anche avallate ipotesi specifiche. Si crede che la città irachena sia un antico insediamento o borgo risalente all’Impero di Mittani che controllava gran parte della Mesopotamia settentrionale e della Siria nel suo periodo più florido.

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La siccità ed il cambio del clima fanno riemergere ovunque storia rimossa o sconosciuta anche in Iraq

A causa dell’estrema siccità recentemente sopraggiunta, la popolazione che vive nel territorio dell’antica Zakhiku è stata costretta a prelevare ingenti quantità idriche dal bacino per irrigare i campi. Questo ha fatto sì che il livello dell’acqua si abbassasse velocemente, rivelando le sorprese archeologiche ormai dimenticate.

Gli archeologi hanno quindi tramutato una situazione emergenziale in un’occasione propizia per scavare nel sito, intuendo da subito che si potesse trattare di un importante centro dell’Impero dei Mittani. Lo scavo è stato guidato dal Presidente dell’Organizzazione per l’archeologia del Kurdistan, Hasan Ahmed Qasim, accostato da Ivana Puljiz dell’Università di Friburgo e Peter Pfälzner dell’Università di Tubinga ed è partito nel 2022, ma solo a fine 2023 e i primi del 2024 sta cominciando a circolare seriamente la scoperta.

L’antica Zakhiku torna alla luce

Nel 2018 una aprte dello scavo attuale era già riemerso e gli espertiin quell’occasione avevano scoperto un palazzo, prima che le acque sommergessero di nuovo il sito cancellando tutto. Tra gennaio e febbraio del 2022 sono riusciti a individuare una grande struttura fortificata con torri e alte mura ed è emersa una fortificazione costituita da una cinta muraria di fango. Alcuni tratti sono alti diversi metri e le mura sembrano essersi ben conservate nonostante siano rimaste sott’acqua per oltre 40 anni.

Realizzate in mattoni di fango essiccato al sole, le mura furono ricoperte da un rivestimento protettivo dopo il terremoto che distrusse la città nel 1350 a.C., queste si sono quindi mantenute perfettamente nel tempo, persino nei quasi 40 anni so’ttacqua.

Oltre alle mura, sono state rinvenute una costruzione gigantesca a più piani – gli archeologi credono fosse un edificio di stoccaggio, destinato alla conservazione delle merci – e un opificio: entrambi sono da far risalire all’epoca dell’Impero di Mittani, 1550–1350 a.C.  Sul sito sono stati rinvenuti cinque vasi di ceramica: al loro interno oltre 100 tavolette cuneiformi, patrimonio importantissimo che dovrà essere schedato e tradotto, riferibili al periodo medio assiro, quindi da collegare a uno stato della civiltà successivo alla catastrofe naturale che ne delineò la fine.

Conclusioni

Gli studiosi sono impegnati nella decifrazione delle tavolette d’argilla: Peter Pfälzner ha dichiarato il suo stupore di fronte allo stato di queste ultime, perfettamente conservate, intatte dopo decenni sott’acqua e migliaia di anni di esposizione all’aria ed all’erosione di sabbia e pioggia. Eppure il livello del bacino si sta nuovamente risollevando, sommergendo ancora una volta i ruderi della città, chissà quando potrà essere nuovamente studiata e quali nuove opere verranno ritrovate, nella speranza che trovino una soluzione permamente che aiuti l’archeologia, ma sorattutto la popolazione locale. Soprattutto riguardo all’emergenza idrica, che rischia di far abbandonare i luoghi di nuovo.

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